Una riflessione urticante?

Sarebbe stato un giorno come un altro se una collega, in sala professori, non mi avesse raccontato questa breve storia autobiografica: “Quando ero bambina, volevo insegnare a volare alle galline. Ogni mattina uscivo in cortile, prendevo una gallina e simulavo il volo, ogni mattina! Sino ad andare incontro ad una malattia della pelle e alle proibizioni di mia madre. Tuttavia credo che questo volere insegnare qualcosa, anche in condizioni impossibili, sia l’atteggiamento esatto per entrare in classe”!

Sarebbe stato un giorno come un altro se questo breve racconto autobiografico non avesse fatto il suo dovere, cioè invitarmi alla riflessione. Infatti, noi docenti siamo sempre di fronte ad alunni sempre più problematici, ad acronimi impronunciabili – UDA, PTO, BES, CLIL, a compiti come il sostegno, il recupero, il supporto, spesso confinati nell’ “empireo” della burocrazia, ad essere oggetto di riforme prive di un disegno, ad affrontare conflitti, correggere compiti, introdurre e condividere nuove idee con alunni, sempre più culturalmente deboli e assorbiti nel vortice omologante del mondo virtuale, ed infine chiamati ad essere valutati col fine della premialità (L.107/2015). Quale premialità? Se già M. Montessori sottolineava l’inutilità dei premi “esteriori”: “Tale giuoco affascina i piccoli: i loro volti intenti, la loro immobilità paziente rivelano la ricerca di un grande piacere. In principio, quando l’anima del fanciullo mi era sconosciuta, avevo pensato di far veder loro piccoli dolci e piccoli giocattoli promettendo di darli al chiamato, supponendo che i regali dovessero essere l’attrattiva necessaria a ottenere simili sforzi dall’infanzia. Ma ben presto dovetti accorgermi che era cosa inutile. I bambini giungevano dopo aver superato gli sforzi, le emozioni e i godimenti del silenzio, come navi in porto; erano felici di tutto ciò: (…).” Chiunque voglia leggere queste pagine le trova in M. Montessori, La scoperta del bambino, pag. 154. Se ciò è stato pensato per i bambini, per gli adulti non dovrebbe essere un impegno contrattuale ed etico lavorare bene in classe pur senza questo “bonus” esteriore, per certi versi alienante? Per di più lasciando il tutto sulla singola responsabilità del Dirigente, instillando l’idea che ne sia l’unico responsabile?
Ora è lecito chiedersi come potrà essere valutato un docente che entra in classe con quello spirito utopico di quella bambina che voleva insegnare a volare alle galline? Certamente sa che il processo “educativo”, sebbene non immediatamente osservabile e valutabile, germoglierà e contribuirà a formare una persona nella sua complessità! Ciò che si può valutare è l‘insegnamento-apprendimento, non certamente la comprensione che non è mai sincronica ma diacronica, né tanto meno la valenza educativo-formativa che richiede tempo, per dare forma, attraverso i contenuti appresi, al “mondo” interiore, o, se si preferisce, contribuire alla costruzione della “persona”.

Se un possibile lettore liquiderà queste poche righe come assurde perché in accordo con lo pseudo-scientista atteggiamento filo-cognitivista proposto dal Governo che riduce l’alunno, come ben sintetizza la metafora dell’imbuto di Norimberga utilizzata da Von Foerster, a un recipiente da riempire affinché si appropri di competenze (!), rimando ad una fonte autorevole, G. Giugni: “L’utopia, inoltre, costituisce anche una strategia educativa, in quanto si pone come un ‘quadro di riferimento’ del processo educativo, proteso verso il futuro; un telaio di idee per orientarlo; un modello operativo della sperimentazione educativa, per liberarla dallo spontaneismo, dalla dispersione e dall’improvvisazione. Il dinamismo operativo di questa strategia parte da un’accurata analisi della realtà per individuarne sia le contraddizioni ed i pericoli per lo sviluppo dell’uomo; sia gli aspetti positivi su cui appoggiarsi per il dispiegamento ordinato e controllato dell’azione, orientata non già verso aspettative esterne ma alla realizzazione, all’interno stesso della realtà, di quel salto qualitativo indicato dall’utopia come ipotesi di cambiamento. La strategia utopica, pertanto, si articola metodologicamente come ricerca, come critica e come prassi di realizzazione del tutto nuova.” (G.Giugni, Introduzione allo studio delle scienze pedagogiche).
Mi sembra che una buona scuola come questa appena intravista sia diametralmente opposta alla “Buona scuola” proposta per legge!

Serse Camedda

Certificato di Qualità Europea eTwinning

La nostra scuola ha ottenuto il Certificato di Qualità Europea per il lavoro sul progetto ‘Europe beyond clichés and stereotypes’, progetto iniziato tramite la piattaforma europea eTwinning, la comunità delle scuole europee che promuove attività di partenariato.
Il progetto ha avuto il suo prolungamento e la sua conclusione nel periodo marzo-settembre 2014 con un’attività di scambio vero e proprio tra la nostra scuola e il Lycée Jean Zay, di Aulnay Sous Bois, Parigi.

Certificati
Certificato 1
Certificato 2

Chiusura festiva

Come indicato nella circolare n. 155, in occasione delle feste di carnevale la scuola osserverà alcuni giorni di chiusura. Ecco il dettaglio:

  • Venerdì 13 Febbraio – chiusura scuola
  • Sabato 14 Febbraio – sospensione attività didattiche e chiusura della scuola
  • Lunedì 16 Febbraio – sospensione attività didattiche (mattina e sera)
  • Martedì 17 Febbraio – sospensione attività didattiche (mattina e sera)

Lunedì 16 e martedì 17 febbraio gli uffici resteranno aperti solo al mattino dalle 8.00 alle 14.00.raio gli uffici resteranno aperti solo al mattino dalle 8.00 alle 14.00.

Letture per un anno. Tirocinio ad Arborea

Nel periodo gennaio-marzo, nelle Scuole dell’Infanzia e Primaria di Arborea, è stata realizzato il progetto: “Letture per un anno” riguardante il tirocinio formativo delle ragazze del Liceo delle Scienze umane di Oristano.
Inizialmente i Ragazzi hanno avuto l’opportunità di apprendere alcune informazioni di carattere generale sulla lettura animata, sulla lettura espressiva, sull’intonazione, sulla pronuncia ed hanno personalmente sperimentato quanto appreso.
Hanno approfondito poi la conoscenza teorica sulle fasi della programmazione e sull’organizzazione della giornata scolastica nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria. Si sono suddivisi in gruppi di tre e scelto la sezione e le classi in cui lavorare, hanno selezionato i libri ed hanno cominciato a preparare gli interventi e i materiali, tenendo conto anche delle indicazioni fornite dalle insegnanti delle classi.
I Tirocinanti hanno letto in maniera espressiva i libri, facendo attenzione alla dizione, alla punteggiatura, alla postura del corpo, al significato e all’intonazione di ciò che veniva letto. Hanno analizzato i racconti e preparato le attività, le schede, i materiali, i disegni, utilizzando del tempo aggiuntivo lavorando molto anche a casa.
Poi, finalmente, è arrivato il grande momento: l’incontro con gli alunni! I risultati sono stati ottimi! Le Insegnanti delle Scuole di Arborea e le Tirocinanti hanno osservato e registrato l’attenzione, la partecipazione e l’interesse degli alunni: in tutte le classi è stato registrato il massimo livello, anche da parte di quei bambini che, in un primo momento, avevano dichiarato di non essere interessati all’ascolto delle storie. Al termine degli incontri, gli alunni hanno espresso il desiderio di continuare l’iniziativa ed il rammarico che le attività fossero già terminate: nella Scuola dell’Infanzia i bambini hanno invitato le ragazze a pranzo; nella Scuola Primaria i saluti finali, in alcune classi, sono stati veramente commoventi.
La documentazione fotografica raccolta e le relazioni delle ragazze ci offrono un quadro parziale di ciò che è avvenuto durante i cinque giorni di attività frontali.
Aggiungo solo alcuni commenti estratti dalle relazioni dei ragazzi: “… successivamente abbiamo proposto un ballo e, per la prima volta, ha partecipato anche un bambino che non aveva ancora partecipato alle attività: è proprio lì che ho avuto la migliore “ricompensa” col suo sorriso che emanava una felicità immensa.” “… Ho deciso di partecipare nuovamente, perché questa esperienza l’anno scorso mi ha dato tante soddisfazioni personali, e inoltre potrebbe essere un mio futuro campo di lavoro” “… alla fine del tirocinio della scuola primaria ho capito come spesso, un atteggiamento differente, e un nuovo approccio con i bambini, può migliorare la situazione e consente di coinvolgere tutti.” “…. Ringrazio le maestre … per averci fatto sentire a casa e per averci fatto lavorare liberamente, accettando i nostri progetti, come se fossimo delle vere insegnanti.” “… Il giorno dopo, i bambini erano molto contenti, così tanto da chiederci di leggere di nuovo il libro perché gli era piaciuto molto, e così abbiamo fatto!” ” La parte più bella di tutto il tirocinio è stata: far scrivere il finale della storia ai bambini e farli lavorare di fantasia. E’ stato molto interessante leggere i finali.” “Dopo la lettura della storia abbiamo fatto delle domande: una bambina ha pianto perché anche lei, a volte, non è ascoltata o viene ignorata!” “Nella Scuola dell’Infanzia sono stata trasportata dall’entusiasmo dei bambini e dalla loro stupenda immaginazione, ho trovato i bambini partecipi sia nel momento in cui abbiamo letto il libro che quando abbiamo proposto i giochi.” “Critiche: migliorare il modo di relazionarsi con i bambini!” “…è stata un’esperienza bellissima ed essenziale, la rifarei altre mille volte. Si può sempre migliorare ma quello si ottiene con l’esperienza. Dunque: la soddisfazione è al 100%!” “… l’unica paura era quella di non riuscire a piacere ai bambini però, con il tempo, quella è passata e spero che quel mondo, possa far parte un giorno del mio futuro. Mi impegnerò a fare altre esperienze di tirocinio per un arricchimento personale.” “Penso che i bambini si siano divertiti perché ci hanno chiesto se potevamo lasciargli il libro…”
Che dire di più? Ben venga questo tipo di esperienze! E… arrivederci!

Rita Consolo, referente del progetto “Letture per un anno”

Cinque motivi per ricordare

Cinque motivi per ricordare… perché cinque sono i colleghi che anche quest’anno si avviano al pensionamento.
Sicuramente la scuola non crollerà senza la colonna portante della Prof. Sanna intenta a far quadrare il puzzle delle sostituzioni. Le lezioni proseguiranno e tutto sembrerà come prima, ma non è così perché questi colleghi, che tanto hanno dato in termini di tempo e dedizione, non verranno sostituiti, e noi saremo sempre meno.
La nostra scuola è sempre stata accogliente, disponibile al rapporto umano, insomma una famiglia, e come tale chiassosa (Aiò, Kando fini custu collegiu chi deppo pappai…), alle volte indisciplinata e prof. Pruneddu ne incarnava l’aspetto più vivace. Non sapremo più dove poter recuperare, all’occorrenza, biscotti, crackers e quant’altro dato che Nerina, e la sua “riserva” di viveri, andranno in pensione; non potremo fare discorsi filosofici con prof. Cadoni sul giusto periodo per la caccia o per la raccolta di funghi, né sentire l’aspra dolcezza di Noris.
E’ stato un anno difficile e alle volte triste. Sì triste, perché questa famiglia è stata messa a dura prova dalle riforme e da tutti quei provvedimenti che ci piovono sul capo all’improvviso. Non a caso però ho definito la nostra scuola una famiglia, nonostante le contrapposizioni, le ideologie, i modi diversi di affrontare le situazioni alla base di tutto stanno i rapporti umani. I nostri colleghi, e anche noi, hanno sicuramente passato più tempo a scuola che con le loro famiglie. La scuola era, ed è, la seconda famiglia, al di là di qualunque cosa i rapporti che costruiamo sono importanti e rimangono nel tempo. Ognuno di noi lascia qualcosa di sé negli altri, un ricordo, una frase, un sorriso, anche un’espressione birichina, piccoli ricordi che fanno riaffiorare momenti,parole, sorrisi… insomma la vita. Auguri a tutti

Franca Mugittu

Cultura e intrattenimento

La palestra dell’Istituto Magistrale è un via vai continuo di alunni. Una muraglia di stand circonda il medesimo luogo. I ragazzi indossano indumenti insoliti; una sfoggia il suo vestito dai caldi colori, tipico del continente africano, un altro si presenta come sceicco indiano. Gli stessi insegnanti, pensate, sono in vesti non esattamente abituali: vi è addirittura una professoressa/ballerina di flamenco.
L’assemblea internazionale è iniziata poco fa. Gli studenti combattono per non fiondarsi sui piatti tipici delle varie culture, cibi dai nomi quasi impossibili da pronunciare. Devono attendere, perchè ora dovranno partecipare al canto collettivo dell’Inno d’Italia. Mentre Mameli li degna della sua melodia, forse per un istante ci si dimentica della situazione precaria che l’Italia sta vivendo, ci si sente semplicemente uniti, e il canto prosegue.
All’Inno d’Italia segue quello francese, e infine quello del Guatemala, Alehandra (la studentessa guatemalteca) attira l’attenzione di molti con la sua splendida voce.
Sono numerose le esibizioni alla quale si assisterà. La 4ª B linguistico con il ballo indiano “Jaih oh” ha smosso l’adrenalina di molti, che a stento riuscivano a rimanere seduti. Grazie alla collaborazione dei professori di lingue, vi sono state declamazioni in francese delle poesie di Baudelaire e persino una rappresentazione teatrale di “Little Red Cap”, divertente e dai risvolti imprevedibili.
La mattinata si conclude con balli generali, ma soprattutto un assaggio del buffet: particolare quanto invitante.
Il fine dell’assemblea è stato raggiunto. I ragazzi si sono addentrati in territori ignoti, hanno analizzato, confrontato le diverse culture del mondo e le hanno riprodotte in modo originale, e pertinente.

Stefano Sivo, 4ª B ped.

Il successo del Fantasy

L’altro giorno sono entrata in libreria, e ho notato che la maggior parte dei libri raccontava storie aventi come personaggi maghi e vampiri.
Così ho deciso di indagare sui motivi del successo di questo genere. Qual è quel particolare che spinge le persone a leggere, o a vedere, queste storie? Perché piacciono così tanto?

Una delle cose, ma non la più importante, che attira le persone è la copertina per i libri e la locandina per i film. La maggior parte delle volte vengono usati colori scuri, come il nero, il blu o il viola; molte volte invece, viene usato il rosso per simboleggiare il sangue. Quando vengono raffigurate le persone, il loro volto non viene raffigurato mai completamente: possono essere di spalle o il loro volto si può vedere soltanto in parte e questo fa nascere una certa curiosità.
Per esempio sulla copertina di “Marked”, romanzo scritto da Kristin Cast e P.C, è rappresentato il volto di una ragazza visibile solo per metà.
Queste caratteristiche catturano l’occhio delle persone, che sono portate a leggere la trama.

Inoltre i protagonisti vivono tra il mondo reale e il mondo magico.
In queste storie, i personaggi hanno poteri sovrannaturali, abilità e forza superiori a quelle umane e sono dotati di molta astuzia. I vampiri, la maggior parte delle volte sono descritti con una bellezza inumana, come creature molto affascinanti e con modi di fare e di parlare di un’altra epoca, dato che possono vivere per diversi secoli. Con queste doti i personaggi devono affrontare molte difficoltà nel corso della storia, ma grazie alle loro abilità riescono a superarle.
Però, devono affrontare altri problemi molto più comuni agli umani, in modo da far immedesimare il lettore nei personaggi. Per esempio in “Sangue blu”, romanzo scritto da Melissa de la Cruz, la protagonista, pur essendo una vampira, ha difficoltà a socializzare con i suoi compagni di classe e deve affrontare la morte di una persona a lei molto cara.

Oltre ai personaggi principali compaiono altri personaggi che vengono in aiuto dei protagonisti o li ostacolano.
Però questi personaggi, pur essendo secondari, hanno una loro importanza per lo svolgere della storia. Molto spesso vengono raffigurati come persone molto buffe, impacciate e simpatiche; i classici “sfigati”, sempre con la battuta pronta. Altre volte però sono persone molto intelligenti e sagge, anche più degli stessi protagonisti. Durante il corso della storia salvano il protagonista, in alcune occasioni anche a costo della vita. Per esempio in “Harry Potter” l’elfo domestico Dobby muore infilzato da un pugnale in un fianco, per salvare Harry dalla cattiva Bellatrix.

Un’altra carateristica di queste storie è che vengono trattati diversi temi. Non si parla solo delle avventure di maghi, vampiri e altre creature; ma anche dell’affetto familiare, dell’odio, dell’amicizia e dell’amore tra i personaggi.
Un elemento che non manca mai è sicuramente l’amicizia. Anche se il protagonista è solitario, ci sarà sempre un personaggio che lo aiuta, instaurando così un rapporto d’amicizia. In alcune storie, il protagonista diventa amico di un suo nemico, il quale alla fine della storia si converte dalla parte del bene. Basta pensare a “Breaking Dawn”, romanzo scritto da Stephenie Meyer e ultimo capitolo della saga di “Twilight”, inizialmente il licantropo Jacob e il vampiro Edward erano in lotta tra loro a causa delle loro specie, ma nell’ultimo libro combattono insieme per scacciare i nemici, diventando amici.
Quando in queste storie si tratta d’amore, questo è quasi sempre difficile e proibito. I due amanti, la maggior parte delle volte appartengono a due mondi completamente diversi e questo crea non pochi problemi. Per esempio in “Twilight”, romanzo scritto da Stephenie Meyer, un vampiro si innamora di un’umana e dovrà resistere al richiamo del sangue della sua amata.
In questo modo non si hanno storie che trattano solo di un argomento, ma di molti in modo da soddisfare i diversi gusti delle persone.

Perciò, storie sui personaggi con abilità sovrannaturali ce ne sono per tutti i gusti, i protagonisti sono forti, belli e affascinanti e sono sempre seguiti da personaggi comici o saggi.

Quindi, perché questo genere non dovrebbe avere successo?

Francesca Atzori e Francesca Prestino, I B ped.

In che modo tutti i bambini possono imparare le lingue straniere

In qualità di insegnante di inglese mi è spesso capitato, così come credo capiti a tutti i miei colleghi, di sentirmi rivolgere la domanda: “Come si fa a imparare bene l’inglese?” e ancora: “Come posso aiutare i miei figli a essere più bravi in inglese?”. Ho sempre risposto nei soliti modi… dal banalmente ovvio:

  • bisogna studiare molto, frequentare corsi, leggere in inglese, fare molti esercizi, parlare il più possibile con native speakers, soggiornare in Gran Bretagna,

allo scherzoso ma utile:

  • fidanzarsi o sposarsi con un/a native speaker.

Tutti questi consigli sono certamente validi ma non entrano nel merito di cosa esattamente si potrebbe fare soprattutto nel caso si voglia aiutare i propri figli ad acquisire una buona conoscenza di una lingua straniera. In realtà è possibile dare consigli più specifici sull’utilizzo di tecniche che sono alla portata di tutti coloro che abbiano una qualche conoscenza della lingua straniera e, anche, in alcuni casi, di coloro che la lingua straniera non la conoscono affatto.
In questo articolo verranno presentati i principali elementi alla base della teoria sull’apprendimento delle lingue straniere nei bambini e le tecniche specifiche da usare con riferimento a queste teorie.

  • I bambini possono imparare tutto da un adulto che loro amano e che li ama. Ai bambini piccoli non importa un bel niente dell’inglese, della matematica, del francese. A loro tuttavia importa moltissimo stare vicino alle persone più importanti: i genitori. Sono disposti a tutto pur di stare vicino a loro, sentire la loro voce, vederli e assicurarsi il loro affetto e la loro protezione.
  • Tutti gli esseri umani nascono con una predisposizione alla musica e alle canzoni. E’ come se avessimo un software collegato con la nostra capacità di memorizzazione verbale. A molti sarà capitato di notare come sia possibile imparare bene una canzone in una lingua straniera anche se poi non si riesce a parlare quella stessa lingua. Questo succede perché il nostro cervello registra facilmente una motivo musicale soprattutto se orecchiabile per cui non è difficile ricordarsi le parole associate a quella particolare musica.
  • “La completa acquisizione delle componenti fonologiche sia percettive (per es. la discriminazione dei fonemi ovvero la capacità di distinguere i diversi suoni di una lingua) sia motorie (assenza di accento straniero nel parlare le lingue straniere) si raggiunge solo se i bambini hanno la possibilità di vivere in continuo contatto con la seconda lingua prima dei sei anni. Inoltre dopo gli otto anni si inizia a perdere la capacità di imitare la prosodia della lingua straniera.” (1) Tutti i bambini posseggono, alla nascita, questa potenzialità, tanto è vero che un bimbo di genitori italiani che dovesse nascere e vivere in Cina potrebbe imparare il cinese usando e riconoscendo tutta la gamma di suoni di questa lingua oltre ai suoni propri della lingua italiana se, ovviamente, i genitori parleranno con lui/lei in italiano. Purtroppo questa possibilità si perde se quei suoni non vengono attivati entro un certo periodo di tempo. E’ come se avessimo uno shareware incorporato che si disattiva dopo un determinato periodo e non sarà più possibile riattivare. Da quel momento in poi sarà certamente possibile acquisire i fonemi di un’altra lingua straniera ma soltanto attraverso uno studio sistematico e continuo e comunque senza mai raggiungere un effettivo “bilinguismo”.
  • Tutti i bambini amano sentirsi raccontare delle storie e, soprattutto, amano riascoltarle più e più volte. L’importante è che nel raccontare si utilizzi la mimica, si drammatizzino le scene, si ricorra a toni di voce diversi, si utilizzino le immagini, si faccia partecipare attivamente il bambino.
  • Tutti i bambini possono apprendere facilmente più di una lingua. I molteplici studi esistenti sull’argomento dimostrano la veridicità di questo enunciato. Le due o tre lingue non si sovrappongono, non creano problemi di apprendimento, non sono causa di confusione anzi migliorano le capacità cognitive in quanto si ha, in questo modo, la possibilità di paragonare due o più modi di esprimersi e quindi avere la mente aperta al fatto che esiste più di una modalità di espressione. In Sardegna la maggior parte delle persone è in grado di confermare il fatto che ci si può esprimere adeguatamente solo in italiano in certe occasioni, e solo in sardo in altre, senza mai mescolare queste due lingue.

Vediamo adesso come mettere in pratica tutto questo.

  • A casa, con i bimbi piccoli (1,2,3,4 anni), imparare a memoria delle canzoncine, lullabies e nursery rhymes e cantarle insieme. Usare i cd a casa e in macchina, quando si viaggia. (Si trovano libretti e cd in vendita nelle librerie scolastiche che si occupano delle scuole elementari).
  • Dai 2 anni in poi, se si sa parlare un po’ e si pronuncia decentemente, comprare dei libri di fiabe in inglese con molte illustrazioni, leggerli e drammatizzarli usando toni e diverse voci. Meglio ancora, magari dopo un po’, impararle a memoria e raccontarle drammatizzandole sempre e facendo ai bambini delle domande sulle illustrazioni prima e sulla storia più avanti. E possibilmente raccontare, altrimenti leggere, in inglese le fiabe o i racconti drammatizzando il tutto, usando voci diverse.
  • Ascoltare audiolibri quando si viaggia.
  • Guardare i cartoni e, più avanti, i film, insieme. Installare una parabola e vedere insieme ogni giorno i programmi della BBC per bambini e commentarli insieme. Anche Rai educational va bene (la maggior parte dei programmi di Rai Educational sono della BBC).
  • Nei primi anni della scuola elementare, comprare degli audiolibri graduati per bambini (si inizia da quelli più semplici per poi progredire di livello in livello fino a quando, a seconda dell’interesse, inizieranno a leggere libri non graduati come Harry Potter, Alice in Wonderland e vari altri libri per ragazzi che si potranno man mano acquistare) e leggerli insieme ascoltandoli sia a casa che durante i viaggi in macchina.
  • Incoraggiarli sempre e imparare insieme a loro.

Per tutti quanti, sia che conoscano la lingua sia che non la conoscano affatto ma abbiano tanta voglia di imparare, segnalo un metodo elaborato dalla Prof.ssa Traute Taeschner della Facoltà di Psicologia 1 dell’Università La Sapienza di Roma in collaborazione con altre Università Europee. La Prof.ssa Taeschner insegna “Tecniche di osservazione clinica del comportamento” ed è esperta in bilinguismo infantile.
Si tratta di format narrativi che vengono usati per insegnare la lingua straniera (inglese, francese, tedesco, italiano, spagnolo) ai bambini dai 3 agli 11 anni per mezzo di racconti, cartoni e canzoncine. Esiste un sito internet attraverso il quale si possono acquistare i libri, i CD e i DVD oltre ai testi della prof.ssa Taeschner: www.hocus-lotus.edu . Questo metodo viene usato in varie scuole dell’infanzia e scuole elementari del nord Italia. Lo possono utilizzare anche i genitori che non parlano l’inglese se hanno una grande motivazione.
Il metodo della Prof.ssa Taeschner è basato sui principi da me descritti all’inizio dell’articolo e pertanto fa ampio uso della musica e delle storie rilevanti per i bambini della scuola materna fino alle soglie della pubertà.
Se si riesce a fare tutto questo abbiamo messo le basi per un futuro bilingue o quasi. Se non si riesce a seguire tutti i suggerimenti ma soltanto alcuni o anche uno solo, si è comunque fatto un passo avanti che farà sì che, in futuro, i nostri figli affrontino con migliori risultati lo studio di una lingua straniera.

Prof.ssa Pasqualina Pintus

Glossario:

Shareware: Programma per computer che può essere utilizzato per un limitato periodo di tempo
Software: Programma per il computer
Fonema: La più piccola unità del discorso che può essere utilizzata per rendere una parola diversa da un’altra, per esempio tetro – metro.
Prosodia: ritmo.

Bibliografia:

Gardner H.: Frames of Mind. Theory of Multiple Intelligences, 1993 (Le Intelligenze Multiple)
Goleman D.: Emotional Intelligence, 1995 (Intelligenza Emotiva. Che cos’è e perché può renderci felici, Rizzoli Ed., Milano 1996)
Taeschner T.: The sun is feminine, Heidelberg 1983 (Il Sole è femmina, Roma, Edizioni D per l’Università, 2003)

E’ dedicato all’acquisizione della lingua da parte di bambini che sono stati esposti a due lingue dalla nascita

Taeschner T.: L’insegnante magica, edizioni Borla, Roma

In questo volume si dimostra, sulla base di un’ampia ricerca scientifica, che è possibile imparare una lingua straniera già nella Scuola dell’Infanzia e si descrivono le condizioni fondamentali da rispettare perché i bambini la imparino volentieri e senza sforzi

Fabbro F., The Neurolinguistics of Bilingualism, Howe/Psychology Press, 1991.

[1] Aglioli S – Fabbro F., Cervello Poliglotta e Apprendimento delle Lingue, Le Scienze, dossier num. 14, Inverno 2002