La scuola è finita e io mi sento bene

Giugno è il mese che mi piace di più. Da piccolo quando alla fine dell’anno i miei genitori portavano un calendario nuovo a casa – il più bello e colorato era quello di Frate Indovino – sfogliavo con ansia le pagine e mi precipitavo a vedere il disegno che raffigurava il mese di giugno. Solitamente c’era una scuola con tanti studenti illuminati da un volto allegro che correvano felici lanciando per aria borse e quaderni.

Anche quest’anno giugno è arrivato e l’immagine è la stessa che c’era in quel vecchio calendario: una scuola che chiude e gli studenti che vanno via. E’ un rito che si ripete ogni dodici mesi, sempre uguale a se stesso, con gli stessi ritmi e le stesse speranze. Però non è mai veramente la stessa cosa. Ogni “chiusura della scuola” è uguale, ma diversa ogni anno. Si salutano amicizie, si lasciano alle spalle momenti di sconforto e di piacere, soddisfazioni e sconfitte.

Ho sempre pensato che la scuola fosse una bella invenzione e chi l’ha progettata avesse voluto imitare l’opera di Dio nella creazione del mondo. Poi – come spesso accade – la scuola che è fatta di uomini per gli uomini ha iniziato a inseguire altri modelli e altri traguardi. Però rimane ancora una delle poche istituzioni che dà un senso di appartenenza alle persone.

Avete notato che nessun insegnante parlando del proprio lavoro dice “vado a lavorare” ma “vado a scuola” (lasciate stare ogni facile ironia), o avete mai contato il tempo che dedichiamo nella vita di tutti i giorni alla scuola?

Avrete capito che questo piccolo preambolo mi è servito per dire che la fine della scuola è per me un momento di riflessione. Mi soffermo sul mio lavoro, rivedo i miei appunti e le mie agende e non posso non chiedermi se ho fatto tutto quello che era necessario. Se quello che ho detto ha seminato un terreno fertile o se le mie parole sono state trascinate dal vento del disinteresse come la polvere.

Quest’anno ho avuto la fortuna di insegnare in due quinte e in una quarta. Insomma ragazzi maggiorenni, molti con qualche anno di scuola in più sulle spalle. Ragazzi come tanti che affollano i nostri paesi e le nostre scuole. Stessi visi pieni di speranze, stessa energia giovanile, stessa voglia di stare insieme comunque. Poi mi chiedo se per loro questi quattro, cinque anni di scuola hanno davvero segnato una differenza. Se hanno sul serio imparato qualcosa, almeno cosa vuol dire rispetto, tolleranza, democrazia, fatica, passione. Forse mi importa relativamente che sappiano porzioni più o meno lunghe del programma che ho loro proposto, certo sarei iprocrita se non immaginassi il mio alunno ideale come uno studente che studia tre-quattro ore ogni giorno e ha interesse per lo studio. Io dopotutto ero così e mi piaceva imparare.

Molti di loro non sanno cosa sia la passione per il conoscere, sfogliare un libro, indagare sulla vita di Kant o di Leopardi. Si annoiano solo a sentire parlare di arte o di matematica. Tutto normale direte voi. Ma ogni volta mi chiedo, dopo gli scrutini, qual è il prezzo per tutte queste energie perse, per queste conoscenze interrotte. C’è da qualche parte una tabella che riporta un saldo costi-benefici che ci inchioda alle nostre responsabilità – di insegnanti, genitori, studenti, cittadini – e ci ricorda quanto spreco intellettuale, culturale, umano e sociale ci sia ogni anno nelle scuole italiane?

A voi ragazzi auguro ogni bene, perchè avete una vita davanti alla quale dovrete dare senso. Forse quei libri stropicciati, quegli insegnanti noiosi, quelle fotocopie ingiallite un giorno vi torneranno alla memoria e, sinceri con voi stessi, riconoscerete che non è stato tutto inutile.

Ora per finire voglio salutare i miei colleghi: quella sgangherata e tartassata categoria di parolai che ogni giorno riempie sorde aule di discussioni, riflessioni, spiegazioni e interrogazioni.

Un saluto a chi va in pensione. Gli insegnanti sono come i preti, anche se lasciano l’abito per raggiunti limiti di età restano preti per tutta la vita.

Un saluto a chi rimane in trincea ed è pronto a cominciare nuove battaglie.

Ma soprattutto, permettetemi, un arrivederci a chi contro la sua volontà va via, perchè viene trasferito o perchè gli è scaduto un contratto di lavoro. Ecco, io sogno una scuola dove non dovrà lasciare nessuno, dove siano banditi termini come precario o tempo determinato e a scadere siano solo le merendine della macchinetta.

Tanti auguri a tutti.

Paolo Figus

Un anno vinto

Ciao a tutti! Sono Alejandra Mejia, una ragazza del Guatemala che è venuta con AFS Intercultura per vivere e studiare per un anno in Italia. Abito ad Oristano e da Settembre frequento questa scuola, l’Istituto Magistrale Benedetto Croce.

Arrivare in un posto dove non conosci nessuno, non conosci la lingua, ma sai che devi restarci per tutto un anno è come ricevere uno schiaffo molto forte. Per fortuna io sono riuscita ad inserirmi abbastanza bene, soprattutto nell’ambito scolastico, che era l’aspetto che mi faceva più paura. Ho iniziato l’anno frequentando una classe delle Scienze Sociali, scelta fatta più che altro per le materie, ho poi cambiato classe e adesso frequento la classe IV B dell’indirizzo Lingustico, e ho potuto conoscere persone che sono sicura non dimenticherò.

I miei compagni sono pazienti e gentili, mi spiegano i termini che non conosco e mi regalano sempre un sorriso. Prima, quando non parlavo l’italiano molto bene, alcuni dei miei insegnanti mi davano compiti speciali e parlavano più piano perchè io potessi capire. Adesso ho imparato la vostra lingua quasi alla perfezione e in teoria sarei in grado di fare tutti i compiti e le interrogazioni.

E’ molto interessante paragonare il sistema scolastico guatemalteco con quello italiano, in tutti e le due scuole ci sono cose positive e negative. Voi imparate ad essere molto più indipendenti, a studiare direttamente dai libri e a parlare in pubblico quando date le interrogazioni. Avete la fortuna di avere tantissime opportunità, come i viaggi d’istruzione o i diversi progetti e concorsi a cui siete invitati a partecipare. In Guatemala il posto più lontano dove sono andata con la mia scuola è stato il museo di un supermercato, con la vostra scuola sono potuta partire in gita a Parigi. Queste gite sono occasioni molto belle per conoscere altri ragazzi e anche per unire maggiormente la propria classe. Nel mio paese il sistema scolastico statale non è per niente efficente, ci sono delle scuole pubbliche che non hanno neanche pavimento, i bambini si siedono letteralmente per terra. Per questo, è importante ricordare le cose positive che ha la vostra scuola, non dobbiamo pensare solo alle cose che non possiamo più fare per i tagli economici.

Come ho già scritto, fare un anno all’estero è molto difficile, ma è un’esperienza che ti fa diventare più forte. In questi otto mesi che ho trascorso in Sardegna ho pianto come una pazza, per la nostalgia ma anche per la gioia. Ho imparato a conoscermi meglio, ogni volta che ho dovuto cercare forza dentro di me per affrontare la nostalgia. Ho avuto l’opportunità di far conoscere la mia cultura e di impararne una nuova. Ho fatto delle amicizie che sono sicura dureranno molti anni. Sono riuscita ad essere me stessa anche trovandomi in un ambiente completamente diverso del mio.

In questi otto mesi mi hanno fatto stalking, mi hanno fatto scherzi, mi hanno fatto piangere e ridere. Adesso, che sono a solo un mese e mezzo del mio rientro in Guatemala posso dire che non tornerà la stessa persona che ha lasciato casa sua quel nove di Settembre dello scorso anno, ma una nuova, più forte, matura e autonoma. Adesso che devo tornare alla “normalità” mi rendo conto che la mia vita qui è diventata la mia normalità. Quando mi chiedono cose della mia famiglia io rispondo automaticamente “quale famiglia?” Trascorrere un anno con delle persone che ti aprono il cuore ti lega a loro, forse per tutta la vita.

Quando tornerò in Guatemala dovrò aspettare sei mesi per cominciare la scuola, visto che da noi comincia a Gennaio. Quest’anno, anche se scolasticamente non mi viene contato, non è un anno perso, è assolutamente un anno vinto.

Per ultimo vorrei ringraziare tutta la scuola, perché mi avete aperto le vostre porte e mi avete accolto con calore ed affetto.

Vi abbraccio tutti

Alejandra Mejia Saenz de Tejada

Il Simposio delle Magistrali

“Il Simposio non è niente più che una cena tra amici”. Questa frase ha accolto gli alunni delle classi che si sono recate sabato 30 aprile nei locali dell’ex palestra del nostro istituto. I ragazzi hanno avuto la possibilità di assistere alla lezione sull’amore di Platone del prof. Diego Zucca, docente di filosofia dell’Università di Sassari. Il giovane professore, jeans e maglioncino di cotone, ha intrattenuto gli alunni per due ore, accompagnando il suo discorso con l’incessante movimento delle mani che gesticolavano seguendo il ritmo delle parole.
L’argomento principale era il Simposio, del quale ci ha fornito una descrizione completa, passando dalla location all’analisi dei personaggi e del contesto drammatico. Abbiamo ascoltato le diverse teorie dei saggi dell’Antica Grecia che esprimevano la propria opinione sul tema scelto dal simposiarca: l’amore. Partecipando rapiti alla descrizione degli androgini raccontati da Aristofane, creature uniche formate da due individui, abbiamo sofferto con loro per la separazione inflittagli dagli dèi e abbiamo riflettuto su ciò che, ora come ora, viene considerato diverso, strano e che invece era normalissimo a quei tempi: l’amore omosessuale.
Il professore ci ha descritto come l’amore fosse, allora come oggi, il sentimento più forte e misterioso: “Quando l’amante trova proprio quella metà di se stesso, allora entrambi vengono rapiti in modo meraviglioso e non vogliono separarsi nemmeno per un momento. Sono questi che passano insieme tutta la vita e non saprebbero nemmeno dire cosa vogliono l’uno dall’altro. Nessuno potrebbe credere che sia la comunione dei piaceri sessuali, è chiaro che la loro anima vuole altro che non sa dire”. Per due ore abbiamo assistito rapiti alla lezione e gli applausi hanno salutato e ringraziato il professore.

Chiara Porcu

Il giro del mondo in una mattina

È possibile fare il giro del mondo in un giorno solo? A quanto pare sì. È quello che hanno fatto gli alunni del nostro istituto. L’unico mezzo consentito, la fantasia.
L’idea è partita dal fatto che nella nostra scuola sono presenti diversi alunni provenienti da altre nazioni, ospiti di famiglie grazie all’intercultura. Così si è voluta organizzare un’assemblea internazionale: all’inizio del mese di dicembre è stata assegnata a ogni classe una nazione da rappresentare e ognuna di esse si è organizzata autonomamente. Si è dato libero sfogo alla fantasia dei componenti delle classi, con scenette, balli, canti, preparazione di cibi dai nomi anche impossibili da pronunciare e tanto altro.
La mattinata del 22 dicembre l’assemblea è cominciata con l’inno nazionale di alcune nazioni, tra cui quello italiano e quello del Guatemala, cantato dalla ragazza proveniente proprio da quella nazione, insieme alla sua classe.
Altre classi invece hanno recitato delle brevi scenette in francese, e i più coraggiosi si sono esibiti in balletti, alcuni attinenti alla propria nazione – come “Samba de Janeiro” eseguita dalla classe del Brasile oppure “Jai ho” eseguita dalla classe dell’India – altri invece non aventi niente a che fare con le nazioni assegnate ma comunque molto coinvolgenti. Una classe è addirittura riuscita a coinvolgere quasi l’intera scuola in un ballo collettivo, che è successivamente sfociato in trenini e balli di gruppo.
Poi è avvenuta la degustazione dei vari piatti preparati da ciascuna classe, che aveva a disposizione uno stand su cui esibire le pietanze, la bandiera della nazione, cartelloni e quant’altro, e dietro al quale stavano alunni vestiti con l’abito tradizionale della nazione.
Infine si è riunita una commissione per premiare vari aspetti: i cibi, i vestiti e tanto altro.
L’assemblea si è poi ufficialmente conclusa a mezzogiorno, ma la maggior parte degli alunni è rimasta ancora, chi per festeggiare e chi per riordinare. Gli alunni erano entusiasti e sazi e sono stati accontentati tutti, dai più festaioli con il momento dei balli e del karaoke, ai più golosi, con la degustazione delle prelibatezze provenienti da tutto il mondo; quindi non ci sarebbe potuta essere conclusione migliore, e anche gli insegnanti hanno partecipato volentieri. Inoltre è stato un perfetto connubio tra divertimento e apprendimento; ognuno ha conosciuto qualcosa di nuovo sulle varie nazioni.
Insomma, un giro del mondo in un solo giorno, o ancora meglio in una sola mattinata.

Giulia Tocco, III C Linguistico

Il business sulla vita

Primo vero esordio dei nuovi rappresentanti d’istituto, riuscito più che discretamente. Assemblea di Novembre all’insegna della solidarietà e della sanità, appoggiata dalla collaborazione esterna di rappresentanti competenti.
In seguito alla normale amministrazione, è il dottor Vinci, esponente dell’associazione “Caritas” di Oristano, a prendere la parola, sensibilizzando sull’argomento solidarietà e tracciando un percorso ideale, che inizierebbe nel nostro cuore e avrebbe come meta le nostre mani. “La donazione di una moneta,” afferma “di un abbraccio o di una carezza deve partire dalla nostra sensibilità. Non è lecito donare per compassione, per elemosina. Bisogna farlo per il semplice fatto che quel famoso “pezzo di pane” appartiene di diritto ad ognuno di noi”.
Tutte queste belle parole terminano con un dato agghiacciante: ogni tre secondi nel mondo muore un bambino.
Frasi che fanno molto riflettere, anche se solo per poco. Il tempo a disposizione prima del secondo incontro è utile per discutere sull’argomento più vociferato delle ultime settimane: l’autogestione. Ma questa è un’altra storia.
Le due rappresentanti dell’associazione “Sindrome di Crisponi e malattie rare” non si lasciano attendere poi tanto. Dopo le dovute presentazioni, arrivano le prime delucidazioni, supportate da diapositive, sulle malattie rare e su quelle rarissime. Queste, in particolar modo, riceverebbero scarsissime sovvenzioni e sarebbero quindi oggetto di una ricerca assai scadente. Secondo l’esponente dell’associazione le case farmaceutiche inseguono ormai da tempo un unico obbiettivo, il business. Non conviene a queste investire sulla ricerca di malattie come la sindrome di Crisponi, poiché questa come altre è solo (solo?) causa di pochissime morti se messe in relazione con quelle provocate da altri malesseri. E’ possibile fare business sulle vite umane? Fino a che punto è giusto portare avanti questo metodo di sovvenzione basato sul numero di morti e quindi sulla sensibilità di altre persone? Attualmente nel mondo gli affetti da sindrome di Crisponi sono veramente pochi, anche se per la maggior parte concentrati nella nostra isola. Davvero commovente il racconto della nascita di questa piccola associazione formata da volontari e da genitori che hanno avuto o meno un legame con la malattia. Un piccolo successo sarebbe già stato ottenuto, riuscendo ad integrare una bambina di appena sei anni all’interno di una scuola elementare di Oristano, attrezzata di tutto il materiale necessario per garantire il suo stato di salute. L’associazione ha tra le altre cose promosso una lotteria solidale e ha sollecitato noi alunni stessi a partecipare; il ricavato ovviamente sarà destinato alla ricerca. Iniziativa, voglia di farcela e di non arrendersi sembrano essere gli ingredienti caratteristici di questa piccola associazione nata relativamente da poco che ha in progetto il raggiungimento di tantissimi altri traguardi.
Ora l’incontro forse più atteso, quello con la ginecologa Lau. Tutto è incentrato su un discorso e delle diapositive che appaiono simili ad una lezione di educazione sessuale che riesce a toccare temi più sensibili come l’omosessualità e l’omofobia.
“La cura del corpo è fondamentale, bisogna vivere in armonia con esso e non in continuo contrasto come la maggior parte degli adolescenti fa”. Parole sante! Sempre secondo il parere della ginecologa, il sesso non deve diventare una moda, e tantomeno deve essere una vergogna non aver intrapreso rapporti sessuali già in adolescenza; al contrario ognuno di noi ha dei tempi che non sono prestabiliti. Tutt’al più è necessario che i giovani si informino sui metodi contraccettivi e sulla loro efficienza. Da uno studio è emerso che la pillola è il contraccettivo più attendibile, con il 99,9% circa di probabilità di non rimanere incinta contro l’80% del preservativo.
Il discorso affrontato sull’amore riesce ad estendere il contesto della sessualità anche alle coppie omosessuali, che hanno “il diritto come tutte le altre persone di essere felici. L’omosessualità” continua la dottoressa Lau “esiste da sempre e in altri contesti storici era sicuramente più tollerata rispetto ad alcune realtà odierne. L’omosessualità non è una malattia!”.
Il discorso si conclude con un esplicito riferimento all’influenza che può aver avuto e, che ha tutt’oggi, la presenza della Chiesa in Italia. Alcuni studenti rivolgono delle domande che trovano esaurienti risposte da parte della dottoressa.
Un’assemblea tutto sommato positiva, costruttiva ed interessante. La partecipazione è stata discreta, anche se spesso e volentieri è stato necessario qualche richiamo. Meglio partire accontentandosi del fatto che l’arrosto sia morto e di non pretendere che sia anche contento.
Due sono gli aforismi che più si addicono a questa giornata; uno solidale, l’altro un po’ più crudo. “L’opera umana più bella è di essere d’aiuto al prossimo” (Sofocle). Alle volte però “Il grido del povero sale fino a Dio, ma non arriva alle orecchie dell’uomo” (Robert de Lamennais).

Giulio Palmas, V B pedagogico

Intercultura: la più grande delle esperienze

Intercultura mi ha offerto la più grande delle mie esperienze.
L’anno scorso, infatti, vivevo in Venezuela, precisamente a Isla Margarita, una splendida isola al centro dei Caraibi. Quest’anno per me è stato fondamentale e soprattutto molto intenso, in senso positivo e negativo.
All’inizio non è stato facile adattarsi a una nuova cultura, a nuove abitudini, ma quando sono riuscita ad aprirmi alla mia nuova vita, ho capito che quella cultura che prima mi sembrava così strana, stava diventando per me familiare e vicina a quello che ero io. Spesso mi sono chiesta chi mi aveva messo in testa di andarmene dall’altra parte del mondo in una realtà sconosciuta ma, adesso, con più razionalità, sono convinta che aver scelto di partecipare ai programmi AFS è stata la scelta più giusta della mia vita.
Ho trascorso un anno d’estate in un’isola ai Caraibi tra palme e noci di cocco, ho conosciuto la foresta amazzonica e le Ande, ho vissuto tra persone sempre pronte a fare festa e a ballare, sono stata chiamata “amica” dopo essere stata appena presentata a qualcuno, ho frequentato una scuola cattolica e ho usato la divisa scolastica… Insomma, ogni giorno per me è stata una nuova avventura.
Ho imparato ad essere più indipendente e credo di aver iniziato ad accorgermi di alcune realtà che prima neppure consideravo o vedevo troppo distanti da me.
Sono stata molto felice, dunque, di aver potuto avere la possibilità di raccontare un po’ della mia esperienza ma anche di parlare dell’associazione Intercultura.
AFS, infatti, ha avuto un ruolo fondamentale nel mio anno all’estero ma anche nell’anno precedente alla partenza, durante il quale AFS ha realizzato un lavoro di preparazione psicologica e tecnica a tutti i ragazzi che avevano deciso di partire; inoltre anche ora che sono rientrata, l’associazione e i suoi volontari ci stanno seguendo e ci stanno aiutando al riadattamento al nostro paese di origine e alla cultura che ora personalmente sento più lontana di quella venezuelana.
Non posso non concludere invitando e consigliando vivamente e sinceramente di partecipare ai programmi che vengono offerti da Intercultura.
Intercultura non dura un anno: è per sempre.

Sarah Casu
V B linguistico

Arricchirsi di culture diverse

Giovedì 30 settembre nell’Istituto Magistrale B. Croce, si è svolta la prima assemblea dell’anno, dedicata alle esperienze linguistiche e agli scambi culturali.
Punto d’incontro per gli alunni dei tre indirizzi (linguistico, scienze umane e scienze sociali) la palestra della scuola, dove alle 10:30 è iniziata la manifestazione.
Nella prima parte dell’assemblea i protagonisti sono stati gli studenti che lo scorso anno e due anni fa hanno superato con buoni risultati gli esami di certificazione in inglese, spagnolo e francese rispettivamente denominati PET, DELE e DELF, livello B1.
Agli alunni, chiamati uno a uno davanti ai loro compagni, veniva consegnato un diploma in merito ai risultati ottenuti. Importante l’intervento, riguardo le certificazioni di inglese, del responsabile dell’American Centre di Cagliari dove i ragazzi hanno svolto l’esame. Oltre che consegnare di persona gli attestati, Mr. Andrew Laird si è congratulato per gli ottimi punteggi raggiunti e ha spiegato l’importanza per il nostro futuro di ottenere un certificato che stabilisce il livello di conoscenza di una lingua.
La seconda parte della mattinata è stata dedicata agli scambi culturali.
Ogni anno sono molti i ragazzi dell’Istituto Magistrale che partono per trascorrere un intero anno in un altro paese, con un’altra lingua e una diversa cultura.
La visione del film “La valigia di Tidiane Cuccu” di Umberto Siotto, poi interrotta per problemi tecnici, voleva rappresentare una sorta di incontro e scambio culturale avvenuto in Sardegna qualche decennio fa.
In seguito gli studenti hanno avuto modo di ascoltare il programma di Intercultura e le esperienza fatte in prima persona da alcuni ragazzi.
La prima a prendere la parola è stata Alejandra, la ragazza del Guatemala arrivata in Italia due mesi fa, ospite di una famiglia sarda. La chica guatemalteca ha mostrato a tutti le foto e le caratteristiche più importanti del suo paese rispondendo in seguito anche ad alcune domande fatte dagli studenti.
Dopo Alejandra sono intervenute le ragazzze che un anno e due anni fa hanno trascorso nove mesi in Paesi come Stati Uniti, Honduras, Venezuela e Svizzera. Hanno parlato della loro esperienza con grande entusiasmo, un viaggio che all’inizio può sembrare duro da intraprendere ma alla fine è qualcosa che rimane per tutta la vita e che aiuta a conoscere se stessi prima di tutto.
Quando ha preso la parola Francesca Solinas, volontaria di Intercultura per la provincia di Oristano, per esporre il programma del 2011, ha affermato che nessuno meglio delle sei ragazze poteva spiegare le ragioni per cui intraprendere questa bellissima esperienza: con le loro parole, le fotografie e quegli oggetti che hanno caratterizzato i loro viaggi hanno saputo far comprendere nel migliore dei modi che non si tratta di una semplice vacanza ma di un viaggio capace di renderti migliore.
All’una la manifestazione è finita e tutti hanno potuto rifocillarsi con il rinfresco preparato dagli alunni della scuola, per finire in bellezza una mattinata in favore dell’amore per la cultura.

Daniela Deias

Auguri ai nuovi pensionati

“Il tempo fugge e non s’arresta un’ora”… e un altro anno scolastico è passato, così siamo nuovamente qui a salutare i nostri colleghi prossimi alla pensione.
Che dire, ci dispiace… sì ci dispiace, soprattutto per noi che restiamo, visto che non sappiamo quando, come e se riusciremo a raggiungere tale meta.
So bene che voi con rammarico lasciate questa scuola, che come una”mamma” vi ha accolto e fatto crescere, ma ora il PRIVILEGIO di mettere in pratica l’ultima Riforma sarà solo nostro…
Non fatevi prendere dalla nostalgia quando nell’assaporare una lettura, nel fare giardinaggio, durante un viaggio il pensiero ricorrerà a noi, intenti a cercare di decifrare e capire le ultime direttive ministeriali; cercate di rimuoverlo e provate, se riuscite, a godervi questo momento di riposo. Insomma cercate di non rimpiangere gli anni trascorsi a correggere compiti, a combattere con i ragazzi nel tentativo di far loro riporre il cellulare o di fargli affrontare una verifica…
Ora Roberto dovrà utilizzare la sua proverbiale “dinamica e fulminea” attività nell’ambito familiare, Efisio dovrà leggere e catalogare le foto a casa, Lalla, l’ultima del trio delle bionde, continuerà a illuminare quanti le stanno intorno e il dirigente potrà narrare la sua ampia aneddotica ad altro collegio.
A parte l’ironia vi salutiamo con affetto. Un pensiero particolare va alla nostra collega Vanna: colta, sempre attenta e preparata, ha dovuto, suo malgrado, lasciare l’insegnamento. Nel mondo del lavoro, specie quando ci si confronta, è difficile dimostrare affetto, siamo tutti intenti a salvaguardare i nostri piccoli “feudi”, ma non per questo siamo privi di sentimenti; vogliamo ora augurarti un mondo di bene, salute e serenità con l’auspicio di poter realizzare i tuoi desideri.
Auguri. Auguri di cuore a tutti.

Franca Mugittu

Ciao, Giovannina

Solitamente utilizzo questo spazio per salutare i colleghi che vanno in pensione, comunque si tratta sempre di un saluto: un affettuoso saluto a Giovannina.
La nostra collega ci ha lasciato destando in tutti quel sentimento di precarietà e vanità delle cose terrene che, per quanto sia insito in tutti noi, cerchiamo di rimuovere.
Forse, presi dai nostri innumerevoli impegni e problemi, dovremmo fermarci e riflettere su quanto abbiamo: un lavoro, degli amici, colleghi… e per quanto alle volte i rapporti possano presentare problemi, essi sono la vita.
Ricordo il mio ultimo incontro con lei, era la fine di Giugno 2008, stava già male ma voleva concludere l’anno scolastico per poi risolvere il problema di salute.
Sì, Giovannina era questo: una Docente seria, scrupolosa, attenta ai bisogni dei ragazzi e molto professionale.
Aveva conseguito la seconda laurea per ampliare la sua professionalità, così disse quando ci offrì i pasticcini, a noi ignari del fatto che continuasse a specializzarsi; ciò che la caratterizzava era un carattere discreto e riservato.
E discretamente ci ha lasciato, vivendo in silenzio anche quest’ultima esperienza.
Avremmo voluto darle conforto, esserle vicini, dimostrarle il nostro affetto, spero che ora lo possa recepire dal luogo in cui è.
Ma vorrei ricordarla per quel che è stata nella scuola e per la scuola: una seria e discreta professionista.
Per noi rimarrà sempre tale, perché vive nel ricordo e nella memoria di quanti l’hanno conosciuta e amata.

Franca Mugittu

Buone vacanze!

Anche quest’anno scolastico è terminato, e con esso si ripete la gioiosa e malinconica cerimonia dei saluti… Gioiosa perché, da buoni italiani, si finisce a pizzette e pasticcini. Malinconica perché, da un paio d’anni, la conclusione coincide col pensionamento di alcune colleghe.
Delle vere “COLONNE”, erudite presenze silenziose, importanti per la loro preparazione e competenza.
Ci dovremo adattare all’assenza di Antonietta Murgia, da sempre impegnata nella rivalutazione della lingua latina… Forse non recepita da tutti gli alunni, ma essi sappiano che “nel caso vi perdiate a Venezia e per strada incontriate solo un tedesco, non conoscendo la lingua potete rivolgervi a lui in latino. Sicuramente saprà rispondervi!”
Ci dovremo adattare all’assenza di Lauretta Cancedda, sempre gentile ed elegante… Si deve a lei (e a Maria Rundine) la prima e unica copia dell’Annuario Scolastico e la ricostruzione della storia del nostro istituto.
Ci dovremo adattare anche all’assenza di Angela Serra, discreta e silenziosa, nascosta nei “sotterranei” della presidenza, ma sempre presente ed efficiente.
Un caro saluto anche a Quirina Ibba, trasferita in un altro istituto.
Ci spiace non poter più avere la vostra collaborazione, e vi invidiamo profondamente, ma… ora staremo più larghi!
Un caro saluto anche ai ragazzi di maturità che quest’anno ci lasceranno (speriamo!).
E un grande augurio perché tutto proceda bene, senza dimenticare la saggezza popolare: “Aiutati che Dio ti aiuta!”.

Franca Mugittu