cronache e opinioni

Un tuffo nel passato

“Non si diventa archeologi svegliandosi una mattina e decidendo di andare a scavare in campagna”. Sono queste le parole più volte ribadite dall’archeologa Anna Depalmas, professoressa dell’Università di Sassari, durante una lezione tenuta il 24 marzo 2015 al Centro servizi culturali di Oristano, con gli alunni delle classi 1ª e 2ª B Scienze umane e 1ª e 2ª A Linguistico.
Una lezione diversa da quelle affrontate tra i banchi di scuola, in cui si è cercato di spiegare a noi ragazzi la reale importanza dell’archeologia. Uno splendido lavoro, per alcuni un passatempo, che permette di ricordare momenti passati, esaminare oggetti antichi talvolta di un’importanza unica, riportare in vita cose ormai dimenticate.
Siamo venuti a conoscenza, attraverso le spiegazioni della professoressa e alcune foto proiettate, di quanto sia importante uno studio approfondito su oggetti ritrovati all’interno di aree di scavo, grazie al quale possono essere ricostruiti il reale motivo per cui un determinato oggetto si trovi in un preciso luogo, l’utilizzo che ne veniva fatto e dunque le abitudini quotidiane dell’epoca, ricostruendone la storia.
La professoressa ha ritenuto essenziale far capire un concetto: quando qualcuno trova un oggetto antico nella terra, non può prenderlo subito domandandosi solo cosa sia e quale valore monetario potrebbe avere; grazie alla posizione dell’oggetto, all’inclinazione della terra al di sotto e a quella depositata sopra, prende vita la sua storia. Insomma, ci sono una serie di elementi che l’archeologo deve considerare per far parlare ciò che è stato ritrovato. Inoltre gli archeologi non devono farsi prendere dalla fretta di recuperare un oggetto, ma devono prenderlo con cautela perché ogni volta che si sposta qualcosa non si può tornare indietro.
Ci sono stati mostrati gli attrezzi fondamentali per un archeologo (cazzuola, pala e secchio) e come venga predisposta l’area di scavo prima di mettersi all’opera. Se si vogliono ottenere dei buoni risultati, è importante registrare per iscritto qualsiasi cosa si faccia cosicché, a lavoro terminato, si abbia sempre un quadro chiaro della situazione. Infatti, durante lo scavo, l’archeologo deve anche realizzare un disegno che rappresenti il luogo in cui è effettuato.
Essere archeologi, dunque, non è tutto rose e fiori, ma bisogna studiare molto ed essere consapevoli del lavoro che si va a svolgere.
Ci possono essere cantieri di varie dimensioni ma l’importante – ha sottolineato la professoressa – è che ci siano almeno due archeologi. Ha fatto inoltre notare l’importanza di un paleontologo e di un antropologo sul campo, utili in caso di ritrovamenti di ossa umane o animali.
Un archeologo non si limita solo al lavoro dello scavo. Effettua anche lunghe passeggiate che possono rivelarsi produttive quando si ha la fortuna di trovare oggetti sulla superficie del terreno.
Sono stati fatti inoltre riferimenti a siti archeologici nelle nostre vicinanze, come quello dei Giganti di Mont’e Prama nei pressi dell’aziena agricola “Sa Marigosa” in Sinis, e si è parlato anche del sito di scavo che si trova nella rotonda di Brabau (strada che collega Oristano a Cabras e Torregrande), dove è stato individuato un insediamento prenuragico grazie al ritrovamento di semi di melone, uva, anguria e alcuni reperti in ceramica.
L’incontro si è concluso con le risposte della professoressa ad alcune domande degli alunni e dei professori.

Le alunne della 2ª A Linguistico

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